Roma: un progetto senza tempo.

È arrivato a Roma con il soprannome “Re delle plusvalenze”. Ramón Rodríguez Verdejo, noto semplicemente come Monchi,
ne ha messe insieme talmente tante da superare i 500 milioni di euro. Sergio Ramos, Dani Alves, passando per Bacca e arrivando ai più recenti Rudiger, Salah è Alisson, sono solo alcuni dei giocatori passati dalle mani del direttore.

Con questi risultati Monchi ha conquistato la fiducia del Presidente della Roma che dopo nemmeno due anni è svanita, si è sciolta come la neve al sole. Risultato: ognuno per la propria strada.
Epilogo inevitabile dopo l’esonero di mister Di Francesco da lui voluto e protetto in più occasioni, epilogo che, come spesso succede nel mondo del calcio, chiude anzitempo un tanto acclamato “progetto”.

È sicuramente una delle parole più utilizzate, ed oserei dire più inflazionate, nel panorama calcistico del nostro Paese.
Presidenti, dirigenti, direttori, allenatori, addetti ai lavori, tutti sbandierano ripetutamente la parola “progetto”.
Di solito viene associata ad altre espressioni come “progetto di rilancio”, “nuovo progetto tecnico”, “progetto di valorizzazione dei giovani” e via discorrendo.

Queste espressioni solitamente vengono accolte con grande entisiasmo, euforia e fiducia nel futuro.
Soprattutto all’inizio quando si cominciano a fare proclami che vanno dal “vogliamo arrivare a vincere”, all’ “obiettivo Champions” , alla “valorizzazione dei giovani” , alla “costruzione dello stadio di proprietà”.

Poi alle prime difficoltà la parola progetto lascia il posto al termine “colpevole” o nei migliori dei casi “responsabile”

Visto che questo film si ripete continuamente mi sono chiesto “ma quando si parla di progetto cosa s’intende?”

Mi aiuto con una metafora per semplificare questo concetto.

Immaginiamo di partire per un viaggio in nave da Genova con destinazione Palermo. Prima di partire sappiamo che la traversata ha la durata di ben 20 ore. Lo sappiamo con certezza e sappiamo che il comandante della nave seguirà una rotta predeterminata in base alle correnti marine, venti e possibili ostacoli durante la navigazione con la certezza che nel tempo stabilito giungeremo al porto di destinazione.

Ora immaginiamo, cosa accadrebbe se dopo 3 sole ore dalla partenza il comandante decidesse di modificare totalmente la rotta, solo perché all’orizzonte non vede ancora la terraferma. Perché qualcuno si lamenta che si sta annoiando, che il viaggio è troppo lungo etc.

Questo è esattamente quello che succede praticamente tutti i giorni nel complesso mondo del calcio.

Spesso I dirigenti, i presidenti e gli addetti ai lavori parlano di progetti dimenticandosi di stabilire il tempo necessario per realizzarli. In molte occasioni ci si dimentica degli eventuali imprevisti e ostacoli che si possono presentare lungo il cammino. Si è poco predisposti ad affrontare le difficoltà, ad assumersi le responsabilità dell’insuccesso e di conseguenza di trovare soluzioni efficaci.

Molto più facile trovare il capro espiatorio, addossargli tutte le responsabilità e cacciarlo, per poi ripartire con un nuovo progetto tecnico. Finché dura.

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