Quanto incide la mentalità di un allenatore sul rendimento della squadra?

Per quanto il calcio sia in perenne evoluzione, lo sono anche i suoi protagonisti. Se i calciatori di oggi sono molto più rapidi e tecnici rispetto al secolo scorso, le dirigenze più ricche ed esigenti e i tifosi più caldi, anche gli allenatori hanno goduto della loro evoluzione.

Siamo passati da figure tecniche concentrate a innovare il calcio da un punto di vista tattico, a vere e proprie personalità, in grado di tenere banco sia in conferenza stampa che negli spogliatoi.

Siamo passati quindi da un allenatore prettamente tattico a uno che agli schemi ha avuto la necessità di accompagnare un aspetto mentale, complice anche la pressione esterna a cui sono sottoposti quotidianamente i calciatori.

Oggi vorrei spiegarvi quanto possa incidere la mentalità di un allenatore sul rendimento della squadra

Come ormai risaputo, l’aspetto motivazionale è una delle tre componenti – insieme a quella fisico-atletica e a quella tecnico-tattica – che incidono sulla prestazione sportiva e di conseguenza sul risultato. 

Di questi, l’aspetto mentale – motivazionale, è il solo lasciato esclusivamente all’allenatore.

Per garantire una gestione di successo, credo sia fondamentale che l’allenatore acquisisca competenze specifiche o, in alternativa, si faccia supportare da un professionista specializzato.

Per capire quanto incide l’aspetto mentale, dobbiamo dividere la prestazione in tre parti, dandogli i giusti pesi. Dal mio punto di vista l’aspetto mentale incide in maniera determinante sul risultato, perché tutto ciò che noi facciamo ha origine dal nostro pensiero, dalla nostra mente. È lì che ha inizio quello che facciamo e di conseguenza è lì che avviene la definizione della strategia necessaria al raggiungimento del risultato. Essendo questo aspetto totalmente delegato all’allenatore, un tecnico, in grado di dare una giusta motivazione, incide in maniera determinante.

Un allenatore motivatore lavora sul perché delle cose. Lo dice la parola stessa: motivazione, un motivo all’azione. Ci sono due aspetti fondamentali da tenere in considerazione: condividere con il gruppo un obiettivo chiaro, definito, ambizioso e stimolante; dare motivazioni, cioè il motivo valido per raggiungere l’obiettivo. L’allenatore deve essere in grado di fare leva su ogni singolo individuo e su tutto il gruppo con questa motivazione.

Nel calcio solitamente vince chi ha lo stimolo più forte per ottenere il massimo risultato possibile. Lo stimolo parte dal cervello: se il mio cervello è stimolato e ha un motivo forte, mi induce a fare cose che vanno oltre le mie capacità.

A volte può capitare che un calciatore non abbia sufficienti stimoli da parte dell’allenatore. In questo caso è fondamentale che cerchi altrove gli stimoli necessari per potersi esprimere al massimo. Ed è quello che faccio io, quotidianamente, con il mio lavoro. Il calciatore che si rivolge a me lo fa per andare oltre il lavoro che svolge all’interno del Club di appartenenza. Il calciatore vuole di più, cerca ancora più stimoli. 

Un calciatore può anche cercare di automotivarsi. Per farlo però deve conoscere le tecniche e i meccanismi che influiscono e condizionano l’aspetto mentale. La differenza nell’avvalersi di un supporto esterno è data dal fatto che un calciatore, essendo coinvolto in prima persona, a volte non è emotivamente condizionato nell’analisi. Di conseguenza se viene a mancare la lucidità nell’analisi sarà condizionato nelle scelte successive. Una persona esterna, distaccata emotivamente, è molto più lucida e può contribuire in modo decisivo a supportare il calciatore nel raggiungimento dei suoi obiettivi.

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