L’ultimo a cadere sotto i colpi di una sempre più forte crisi di ambientamento sembra essere Christian Eriksen.
Il centrocampista danese, sbarcato in nerazzurro lo scorso gennaio, fatica ancora a trovare il 100% della propria condizione.
Le difficoltà di approccio a un nuovo campionato e le incomprensioni tecniche con Conte e i compagni stanno lentamente minando le qualità del giocatore, chiamato a dare il massimo nelle ultime gare di questa stagione.
Uno scenario molto simile a quello che ha visti coinvolti prima Patrik Shick nel passaggio alla Roma dalla Sampdoria e poi Krzysztof Piatek, capocannoniere al Genoa e fantasma al Milan.
Sono tante le situazioni che possono portare a una problematica di questo tipo: il passaggio da una squadra a un’altra, il cambiamento di campionato e persino lo spostamento da una città all’altra.
Quando un giocatore cambia maglia, il rendimento rischia di non essere lo stesso per una serie di fattori.
Ci sono calciatori che, in virtù del fatto che stanno facendo bene in un determinato club, attirano su di sé le attenzioni di altre squadre, talvolta con obiettivi diversi. Questo crea un cambiamento all’interno del mondo del giocatore, al quale è chiamato ad adattarsi velocemente.
Quando un calciatore gioca bene, vuol dire che il modello di lavoro che si è creato, la sua idea, il suo obiettivo e il lavoro funzionale al raggiungimento di questo è diventato un meccanismo rodato e proficuo, che noi definiamo comfort zone. Un’insieme di abitudini (anche fuori dal campo) che fanno vivere con serenità al calciatore il proprio lavoro e la propria vita.
Nel momento in cui un giocatore cambia squadra, invece, abbandona quella zona di comfort per approcciarsi a un ambiente per lui totalmente nuovo e sconosciuto, al quale deve adattarsi.
Un passaggio non semplice, visto che la prima cosa che un calciatore fa, appena entrato in una nuova realtà, è tornare col pensiero al vecchio ambiente, quello in cui funzionava tutto. Quando inizia a giocare, se i primi risultati tardano ad arrivare, la difficoltà aumenta e il calciatore inizia a crearsi uno stato d’animo negativo.
Ma cosa deve fare un calciatore per adattarsi al meglio e il più velocemente possibile?
1. Prendere coscienza della differenza di situazione, delle cose positive appartenenti alla precedente esperienza e confrontarle con le cose che oggi non funzionano. Serve un’attenta analisi di cosa gli permetteva di far funzionare questi aspetti nella precedente condizione.
2. Cercare di riportare la situazione precedente, ricreando la tranquillità e la serenità che stava vivendo nella precedente situazione.
Per fare un esempio concreto, in passato, mi è capitato di lavorare con un giocatore che si era appena trasferito all’estero. Ricordo che, nel corso dell’analisi fatta, lui mi disse che gli mancava l’ambiente familiare, fatto dalle piccole cose, come il dentifricio, il sapone o gli aromi del cibo. Abbiamo cercato quindi di ricreare “casa” nella nuova situazione che stava vivendo. Come? Ordinando alcuni prodotti tipici italiani e facendoli arrivare nel suo nuovo Paese.
3. Dobbiamo alimentare quotidianamente questa situazione, al fine di far diventare questa, la nostra nuova zona di comfort. Come posso utilizzare questa nuova condizione per ottenere gli obiettivi che mi sono dato? Cercando il motivo del cambio e volgendolo a mio favore.
Concludendo, anche il cambiamento si gestisce partendo sempre dallo scopo finale che mi ha portato a fare quella scelta. Quando le cose non funzionano, siamo portati inevitabilmente a spostare le nostre attenzione sulle cose negative, innescando un meccanismo negativo che si autoalimenta. Dobbiamo immediatamente alzare lo sguardo e rifissare l’orizzonte al nostro obiettivo.
Con una leva motivazionale forte possiamo superare ogni ostacolo, compreso l’adattamento a nuova situazione.
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