Champions League: come ripartire mentalmente dopo la sconfitta

La sconfitta in finale di Champions League del PSG contro il Bayern Monaco non ha solo evidenziato i punti di forza (ormai noti a tutti) dei tedeschi, ma ha posto l’accento sui limiti dei francesi. Leader da anni in Ligue 1 e con una capacità economica in grado di attrarre i migliori campioni del calcio mondiale, ha sempre fatto fatica ad affermarsi in Europa, obiettivo dichiarato del presidente Nasser Al-Khelaifi. La partita di ieri sera è la dimostrazione che un’organizzazione societaria, tecnica e mentale vince sull’improvvisazione.

Dire di puntare alla Champions League, a inizio stagione, è diverso dal dichiarare la Coppa dalle grandi orecchie come obiettivo primario. E così, dopo la sconfitta sul piano delle motivazioni, è arrivata anche quella sul campo.

Risultato? Bayern Monaco campione e PSG che torna all’ombra della Torre Eiffel con una medaglia in argento.

Quando si lavora per un obiettivo, bisogna innanzitutto fare chiarezza: qual è il mio fine? Perché è importante raggiungerlo? Cosa sono pronto a fare per arrivarci?

Sono elementi definiti e chiari che distinguono il modo di vedere un obiettivo di chi ne fissa uno e applica una strategia per raggiungerlo e chi invece vorrebbe vagamente raggiungerlo.

La differenza la fa la convinzione con cui affronto la sfida.

Chi fissa un obiettivo e trova la giusta motivazione per raggiungerlo applicando una strategia ha una fortissima convinzione che quell’obiettivo venga raggiunto. Chi spera e ci prova, invece, no. Fa fatica.

Un esempio, ormai sdoganato a livello internazionale, è quello della Juventus.

Ogni volta che in casa bianconera si parla di Europa, sale un sentimento negativo guidato dalla paura di non riuscire a vincere la coppa.

Stessa cosa è capitata al PSG. Professionalmente, ho trovato eccessivi i festeggiamenti di squadra e tifosi per l’accesso alla finale. Una celebrazione simile si associa di solito al raggiungimento di un obiettivo, non allo step prima. Evidentemente per i francesi l’obiettivo reale era giocare la finale, non vincerla.

Quando sfuma un obiettivo, di solito, si mette tutto in discussione: si cercano i colpevoli, si danno le responsabilità e si cerca di capire cosa fare per ritrovarsi l’anno dopo nella stessa situazione e di vincere.

Questo è l’approccio sbagliato: quello che suggerisco è di fare un’analisi lucida, che parta dagli aspetti positivi.

Abbiamo raggiunto la finale: quali punti di forza ci hanno permesso di raggiungere questo risultato?

Una volta fatto questo bisogna capire le cose che non hanno funzionato con l’obiettivo di sistemarle.

Quando il quadro è chiaro, si riparte: si definisce l’obiettivo come slittato di un anno, non come mancato.

Perché è la lettura positiva di un risultato negativo che ci permette di creare i giusti presupposti per raggiungere l’obiettivo tanto desiderato.

Be First to Comment

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato.