Dove vai se il Mental Coach non ce l’hai?

C’è un ragazzo di 20 anni che ha disputato più 100 partite tra i professionisti. Gli addetti ai lavori lo definiscono un “talento cristallino” al punto di meritare la chiamata della Juventus. Sembra una di quelle storie a lieto fine, della serie “credi nei tuoi sogni” oppure “tutto è possibile”.

Invece, dopo il grande salto nei grandi, qualcosa si è inceppato.

Sto parlando di Mohammed Ihattaren classe 2002, calciatore olandese di origine marocchina, centrocampista dell’Ajax, in prestito dalla Juventus. Nel 2019 viene addirittura inserito dalla UEFA nella lista dei 50 giovani più promettenti per la stagione 2019-2020.

Dopo essere balzato agli onori della cronaca per il suo talento, le sue giocate e i suoi gol, è diventato famoso per alcune vicende che lo hanno riguardato fuori dal campo. Prima il prestito alla Sampdoria concluso con zero presenze e una fuga nel suo paese per motivi personali ancora oggi sconosciuti. Successivamente il suo passaggio, sempre a titolo temporaneo, all’Ajax dove sta avendo anche qui parecchie difficoltà.

Nelle ultime settimane si è prodigato addirittura Wesley Snejider, leggenda del calcio olandese (ha giocato e vinto con le maglie di Ajax e Real Madrid prima di alzare la Champions con l’Inter) e connazionale del ventenne. L’ex Inter si è proposto di fare da “tutor” a Ihattaren, per provare a recuperarlo sia mentalmente che fisicamente così da farsi trovare pronto e giocarsi una nuova chance con la Juventus.

I buoni propositi dell’ex calciatore nerazzurro si sono però arenati dopo solo due settimane di tentativi. In un’intervista al quotidiano olandese De Telegraaf Snejider ha dichiarato: “Non sta andando bene, proprio no. I problemi di cui avevo parlato all’inizio sono diventati più grandi. Non mi aspettavo che fosse così difficile, è dura. Conosciamo tutti le sue qualità, le ha mostrate all’Ajax all’inizio di questa stagione, e prima anche al PSV. Deve stare bene e deve avere le persone giuste intorno a sé. Gli ho mandato un messaggio e spero che lo raccolga. Ma non lo sosterrò più. Forse è un bene che mi sono tirato indietro per un po’. Forse ora si sveglierà e si metterà al lavoro da solo. Con me ha finito. Non è certo una sconfitta per me. È stato serio due giorni, poi si è tirato giù e ha iniziato a fare di testa sua. Prende le decisioni da solo, in questo modo si è assicurato che non lavorassi più con lui. Deve farlo per sé stesso, non per me”.

L’intento di Snejider è sicuramente lodevole e apprezzabile. Ma è sufficiente essere stato un calciatore, seppur di comprovate doti ed abilità, per trasferire concetti, tecniche e strumenti utili ad un ragazzo a ritrovarsi dal punto di vista professionale e soprattutto mentale? Qualcuno potrebbe pensare che l’esperienza di un grande calciatore possa essere d’aiuto. Ma è sufficiente l’esperienza per “entrare nella testa” di un giovane calciatore?

Evidentemente no. Serve altro, molto altro. E anche l’ex trequartista del triplete lo ha capito, in sole due settimane.

I momenti difficili capitano a tutti fanno parte della vita, non solo dei calciatori. C’è chi si trova a viverli a 20 anni, come Ihattaren, senza trovare la forza e la volontà di uscirne. Ma c’è anche chi, a 37 anni dopo una carriera costellata di successi, si trova di fronte a situazioni complesse che non riesce a gestire come vorrebbe. Sto parlando, naturalmente, di Cristiano Ronaldo.

L’asso portoghese, infatti, recentemente ha rilasciato alcune dichiarazioni dove ha dichiarato: “É il momento più difficile della mia vita.” Gli intrecci tra vita privata, con la perdita prematura della figlia e le vicende calcistiche con l’attrito con l’allenatore Ten Hag, sono risapute. Cristiano Ronaldo ha pensato di superare questa situazione rilasciando un’intervista liberatoria che alla fine ha solo peggiorato il suo rapporto con il club, i compagni e lo staff tecnico.

Qualche giorno fa ho pubblicato una storia sul mio profilo instagram semplicemente con le parole del calciatore “è il momento più difficile della mia vita”. Un giovane calciatore professionista mi ha scritto un messaggio di risposta alla storia che diceva: “e se è capitato a lui, figurati a giocatori come me cosa può succede”.

Nelle parole di questo giovane atleta ho letto l’incertezza sul futuro. La paura di affrontare certe sfide semplicemente perché non ha gli strumenti giusti per superarle. Ma com’è possibile??? Siamo alle soglie del 2023 c’è ancora qualcuno che pensa che non ci siano gli strumenti per allenare la mente e affrontare le sfide della vita?

O forse è solo una questione di paura? Si, la paura di chiedere aiuto, perché chi chiede aiuto è considerato, spesso, un debole. Oppure di convinzioni: “io credo che non mi serva il Mental Coach, sto facendo bene in questo momento”.

Personalmente sono convinto che oggi ci siano, ovunque, tutti gli strumenti necessari per conoscere e approfondire l’argomento: libri, corsi, video, percorsi formativi etc. Solo dalla conoscenza può nascere il desiderio di approfondire l’argomento e capire realmente quanto questo aspetto possa essere utile e determinante per la propria carriera. Come Steve Jobs aveva l’idea, la visione di pensare che ogni famiglia potesse avere a disposizione un Personal Computer per migliorare la qualità della propria vita (cosa che poi è realmente successa), io penso, credo e spero che presto ogni calciatore possa avere al proprio fianco un preparatore mentale per migliorare il proprio percorso professionale ed essere soddisfatto dei risultati conseguiti.

Ovviamente il primo passo spetta sempre al protagonista di questa storia ovvero il calciatore. Solo chi è davvero disponibile a compiere questo passo, a lavorare su sé stesso con serietà e professionalità, potrà certamente raggiungere obiettivi importanti e finalmente realizzare “il sogno che aveva fin da quando era bambino”.

Questo è il mio augurio, per tutti.

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