Caso Ilicic: se fossi il suo Mental Coach gli direi…

Prima grande protagonista, poi grande assente. È sicuramente così che può essere riassunta la stagione di Josip Ilicic, attaccante sloveno dell’Atalanta classe 1988.

Roberto Civitarese, il Mental Coach dei calciatori professionisti, approfondisce il caso Ilicic.

34 presenze tra campionato, Champions League e Coppa Italia, 21 reti e 9 assist. Poi il ritorno in Slovenia a un mese dalla fine della Serie A per “motivi personali”, le parole di Gasperini (“Josip è circondato da tanto affetto, sono quelle situazioni che possono capitare quando meno te lo aspetti, probabilmente a chiunque e proprio per questo siamo tutti in aiuto suo perché esca da questo e torni ad essere il giocatore che era prima”) e l’affetto dei tifosi.

Cosa stia succedendo a Ilicic in pochi lo sanno. Lui da sempre viene descritto come una persona riservata e sensibile da chi lo conosce, famoso per i suoi acciacchi personali condivisi con compagni e allenatore (tanto da guadagnarsi il soprannome di “La nonna”). Le sue questioni private in realtà sono da sempre sulla bocca di tutti: un’infanzia complicata dalla morte del padre, bosniaco di origine croata, ucciso quando lui aveva sette mesi, le condizioni economiche della sua famiglia, fuggita in Slovenia da Prijedor, paese della Bosnia serba, durante le guerre jugoslave e poi la povertà.

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I primi segnali di fragilità si erano intravisti due anni fa, quando saltò i mesi iniziali della stagione a causa di un’infezione ai linfonodi del collo per la quale dovette passare del tempo in ospedale. Ne ha parlato spesso come di un’esperienza che lo ha spaventato molto e dalla quale è guarito con fatica. In quella stagione, fu emblematico anche il suo pianto nel minuto di silenzio dedicato a Davide Astori, capitano della Fiorentina morto improvvisamente a 31 anni, che in seguito commentò così: «Quello che è successo ad Astori mi è rimasto in testa per giorni. Non riuscivo più a dormire perché ci pensavo sempre. E quando sono stato male ho pensato davvero che potesse capitare anche a me».

Una situazione emotiva confermata anche dal suo agente, Amir Ruznic: il lockdown passato da Ilicic a Bergamo, nell’epicentro italiano del contagio da coronavirus, e le rigide misure preventive seguite dai calciatori, lo avrebbero provato al punto da alimentare sintomi depressivi a lui non nuovi, per i quali l’Atalanta ha poi consentito il suo ritorno in Slovenia, per ora senza una data di ritorno.

Il caso di Ilicic è quello di un uomo, prima che di un professionista, che ha vissuto un’esperienza negativa. Come accennato in precedenza, non sappiamo esattamente di cosa si tratti, tantomeno se faccia riferimento a un evento recente o passato. Quello che sappiamo è che è più attuale che mai nella sua testa.

Si tratta di una situazione oggettivamente ostile, che ha spinto il giocatore a focalizzarsi, per via della sua gravità, sempre di più su questo aspetto. Ilicic è rimasto quindi intrappolato in un pensiero negativo, che ha inizio con un episodio, continua con un pensiero e, lavorando il cervello per immagini, diventa la sua realtà, proiettata nel futuro e che non lascia intravedere vie d’uscita.

È un processo mentale che succede a tutte quelle persone che nella vita si trovano ad affrontare una situazione negativa.

Quello che, però, difficilmente si riesce a comprendere in questi momenti è che da una condizione simile si può uscire. Come? Ripercorrendo i tre passaggi menzionati precedentemente, ma al contrario.

#1 La situazione negativa è oggettiva e su questo c’è poco da dire. Ma la mia vita non è solo quell’episodio: ci sono tantissime altre situazioni positive che mi hanno portato ad essere quello che sono oggi.

#2 Mi focalizzo su queste.

#3 Razionalizzo la cosa e penso al futuro: se c’è una soluzione mi concentro su questa, se non c’è cerco di andare oltre, evitando di restare focalizzato su una situazione che non ha una risoluzione.

È più o meno la stessa cosa che bisogna fare quando si rimane vittime di un infortunio: una volta metabolizzato lo stop e tutto quello che ne consegue, inizio a pensare a come starò una volta tornato in campo. Il mio pensiero deve sempre andare alle cose positive. Passate, presenti e soprattutto future, solo così potremo raggiungere gli obiettivi prefissati e realizzare tutti i nostri sogni.

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